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Questa è Italia | Mondo, la newsletter che viaggia per il mondo attraverso le voci di scrittori e scrittrici che lo hanno raccontato e dei personaggi che lo hanno abitato.
Prima di iniziare:
💌Novità NL - In questa stagione racconteremo e disegneremo non solo di veri Paesi come nella precedente, ma anche di Luoghi, reali o immaginari, concreti o metaforici, che contengono veri e propri mondi.
✏️ Novità extra-NL - Negli scorsi mesi ho lavorato a un progetto completamente nuovo che inizia ora a prendere una forma anche grafica. Ne sono molto felice perché riguarda un tema fondamentale, una super rivista che ammiro profondamente e un’artista bravissima.
Ogni mese ve ne svelerò un pezzetto fino alla sua uscita ufficiale!
Esilio/Desexilio
“(…) non siamo né martiri né eroi; ancora una volta siamo gente spazzata via all’esterno o annichilita all’interno.”
(Julio Cortàzar, lettera a Liliana Heker in Esilio & Letteratura)
Una delle immagini che mi appare sempre quando penso all’esilio è quella di due mani sporche di gesso.
Sono quelle di don Carlo Gàlvez, pedagogo della libertà, a cui Luis Sepúlveda dedica un brevissimo racconto in cui concentra molto di quel che c’è da sapere sull’esilio. Il professor Gàlvez insegnava spagnolo in una scuola di campagna a Chillàn, nel sud del Cile, finché durante il regime di Pinochet suo figlio fu fatto sparire. Il padre bussò ad ogni porta senza arrendersi mai fino a riuscire a farlo uscire dal carcere e a farlo partire per la Repubblica Federale Tedesca, esiliato ma vivo. Per poco, perché il ragazzo non riprese mai del tutto “la vecchia abitudine di vivere” e morì due anni dopo. Il professore partì a sua volta per l’Europa, per assistere ai funerali del figlio e da lì non riuscì più a tornare indietro, esiliato anche lui perché le attività sovversive in Germania – raggiungere un figlio già morto, piangere per lui - gli impedivano di tornare in patria.
“Cosa lascia un esule? Un paio di foto, la zucca del mate, la cannuccia d’argento, qualche libro di Neruda.”
Don Carlos rimase ad Amburgo, si mise a vendere giornali all’uscita della metropolitana, conobbe Sepúlveda, guardava le navi salpare dal porto, leggeva libri di poesia, riprese a dare lezioni di spagnolo ai bambini sudamericani, ogni tanto sognava la sua vecchia scuola laggiù al sud e si svegliava con le dita bianche di gesso. Morì anche lui da esiliato.
A differenza di tanti autori centro e sudamericani, Reinaldo Arenas, scrittore e poeta cubano, perseguitato dal regime in quanto omosessuale e anticastrista, cercò in tutti i modi di scappare dalla sua isola, per la cui libertà continuò sempre a scrivere e lottare. Una volta tentò di fuggire via mare a bordo di uno pneumatico, con una bottiglia di rum e una scatola di fagioli come scorta; un altro tentativo di fuga fu interrotto da un fiume infestato da caimani, un altro ancora fu intervallato da notti passate a nascondersi tra gli alberi e le fogne del parco cittadino. E quando finalmente riuscì a lasciarsi l’isola alle spalle non smise di lanciare il proprio grido di Cuba libera da qualunque paese si trovasse – Venezuela, Svezia, Danimarca, Spagna, Francia, Portogallo.
Ma soprattutto raccontò cosa significa essere esiliati cubani negli Stati Uniti – a Miami, a New York – e come si vive da scrittori dimenticati e solitari in una terra che non è la propria, in mezzo a gente che non ha mai letto quei libri, in patria “condannati al silenzio, all’ostracismo, alla censura e alla prigione, e in esilio al disprezzo o all’indifferenza degli altri esuli.”
Mario Benedetti, scrittore e poeta uruguayano che ha vissuto dieci anni in esilio, ha coniato il termine desexilio quando si è reso conto che nessuna parola era in grado di raccontare tutti i sentimenti che si porta addosso l’esule che rientra nel paese da cui era stato cacciato. Ha dedicato all’esilio e al desexilio il libro Impalcature. Il romanzo del ritorno in cui c’è la vita di Javier – una sorta di suo alter ego – che rientra in patria dopo un decennio, spezzettato tra il vecchio paese che aveva abitato e amato e il nuovo che ritrova e non riconosce, che lo fa sentire disorientato e smarrito, pieno di domande a cui dare risposte per poter ricostruire se stesso.
Stralci di sentimenti dell’esule si ritrovano anche nei brevissimi testi che compongono Il diritto all'allegria, raccolta di racconti, riflessioni e aforismi in cui Benedetti richiama paesaggi e assenze, valigie e malinconie.
Come questo:
“L’esilio ha qualcosa di simile all’abbandono, ai piccoli spaventi, alle aspettative irraggiungibili, al fiore di un giorno. La chiarezza diventa scura e abbiamo nostalgia di noi stessi finché l’oscurità non si fa chiara. Non è facile abituarsi ai cambi di rotta, tantomeno dialogare con chi c’è. Le frontiere, il fumo, le dogane, i saggi che non sanno, la speranza assopita.”
Un tipo completamente diverso di esilio è quello che compie David, il protagonista de La stanza di Giovanni di James Baldwin, che fugge da New York, dalle sue convenzioni e dalla propria identità per approdare a Parigi dove può fare esperienza, conoscersi, esplorare ed esplorarsi. Dove trova Giovanni e una stanza disordinata e irresistibile. Per quanto lontano dagli esuli politici sudamericani, David si ritrova a vivere il suo personale dramma oltreoceano e per quanto lo stesso Baldwin disse che il romanzo “parla di quello che succede se hai paura di amare”, le storie di amore e di lotta del protagonista e la immensa capacità dell’autore di indagare nel profondo e costruire l’interiorità di ogni personaggio rendono ogni parola un grido politico, in coerenza con ogni sua opera.
Gli ospiti del mese
Luis Sepúlveda, edito da Guanda
Reinaldo Arenas, edito da Guanda e da Mar dei Sargassi
Mario Benedetti, edito da Nottetempo
James Baldwin, edito da Fandango
L’ospite inattesa
L’ospite di oggi è Gaia Forlano, archeologa e bibliotecaria, si occupa principalmente di letteratura per l’infanzia. Qualche mese fa ho avuto il piacere di essere ospite di Gaia ad un incontro del suo gruppo di lettura, giornata da cui è nata l’idea di questo numero della NL!
Come consiglio di lettura Gaia ha scelto Perramus, il capolavoro a fumetti di Alberto Breccia e Juan Sasturain.
Proprio di esilio e desexilio si è parlato durante uno degli incontri del circolo di lettura “Tra le righe”, che si riunisce mensilmente nella biblioteca in cui lavoro. In quell’occasione stavamo leggendo alcune opere della letteratura centro e sud-americana, il cui filo conduttore era la dittatura, con tutte le sue conseguenze storiche, politiche, culturali e sociali, e Francesca era nostra ospite.
“In passato mi sono sentito un espatriato europeo a Santa Maria. Oggi so che patria significa anche affetti e questi amici, che sono con me, mi hanno insegnato che la patria non è solo il luogo dove si nasce, bensì il luogo al quale si desidera fare ritorno”.
Le parole di un insolito Jorge Luis Borges, figlio dei sapienti ingegni di Alberto Breccia (uruguaiano di nascita, cresciuto a Buenos Aires, uno dei più importanti disegnatori di fumetti al mondo, riconosciuto per la sua sperimentazione e innovatività) e Juan Sasturain (sceneggiatore argentino, docente universitario, giornalista) nel loro capolavoro Perramus, mi hanno portato subito verso la prima questione: cos’è l’esilio?
Ho cominciato la mia ricerca dal vocabolario Treccani, dove trovo che l’esilio è la “pena limitativa della libertà personale, che consiste nell’allontanamento del cittadino dalla patria; può essere temporaneo o a vita, e ha carattere di stabilità per tutto il tempo che dura la pena (...)”.
Ma esilio può indicare anche il “volontario abbandono della patria, per sottrarsi a una persecuzione, a violenze civili o politiche, o per altri motivi”.
Dunque, l’esilio può essere un’imposizione o una necessità.
L’allontanamento dalla propria patria porta all’interruzione dei rapporti e dei legami che si lasciano alle spalle. Come può l’esule ricostruirli, ritrovare se stesso e ciò che è e rappresenta nel “luogo al quale si desidera fare ritorno”?
Ho continuato a cercare delle risposte, ancorata alle pagine dell’opera nell’edizione integrale del 2018 di 001 Edizioni.*
Perramus nasce, come ci racconta lo stesso Sasturain, da un’idea precisa: “l’oblio come scelta”.
Del protagonista non sappiamo molto, neanche il nome; Perramus è la marca dell’impermeabile che indossa ed è tutto ciò che lo identifica. Sceglie l’oblio come medicina più rapida ed indolore per rimediare a qualcosa che lo tormenta e dal quale vuole fuggire.
Cancella se stesso e tutto il suo passato ed allora nasce in lui la necessità di un nuovo inizio, intraprendendo un lungo viaggio alla ricerca di una nuova identità e di un nuovo scopo.
La sua vita si mescola a quella di altri tre personaggi, i suoi compagni in questo romanzo corale, Canelones, Nemico e Borges, che si muovono tra le pagine che rivelano, attraverso avventure rocambolesche e fantastiche, l’impegno politico e l’attenzione di scrittore e fumettista verso i grandi temi contemporanei (Perramus è stato realizzato tra il 1982 e il 1989), come la critica alla dittatura, la resistenza e la militanza, nonché l’inerzia di una certa classe di intellettuali.
Nelle quattro parti che compongono l’opera (Il pastrano dell’oblio, L’anima della città, L’isola del guano, Dente per dente) nella coscienza di Perramus, che ha scelto la condizione di esule cancellando la sua precedente vita, nasce la necessità di intraprendere un “viaggio identitario”, un percorso attraverso tappe progressive che lo porterà verso l’affermazione e la costruzione di un proprio Io.
La strada sembra via via definirsi: partendo dalla ricerca di un nuovo sé l’attenzione si sposta gradualmente sul piano collettivo.
Quando l’identità della città di Santa Maria è minacciata dal regime militare dei Marescialli, evidente parallelo con la contemporanea dittatura argentina, i nostri protagonisti potranno salvarla solo attraverso la scoperta e la salvaguardia delle piccole storie dei suoi abitanti, che ne costituiscono l’anima.
La memoria sociale e culturale di un popolo diventa senso di appartenenza e resistenza, il cordone che unisce i singoli individui e li lega al luogo che riconoscono come patria.
La ricerca si sposta poi sul piano politico e morale, quando Perramus e i suoi compagni si ritrovano coinvolti in un’alleanza tra personaggi tanto diversi, che pure si coalizzeranno per destituire il regime e portare ad un cambio di governo in cui il vecchio e il nuovo si mescolano con non pochi compromessi.
Il viaggio termina in una serie di avventure fantastiche, il cui filo conduttore è il ritrovamento di tutti i denti trafugati dal cadavere del mitico cantante Carlos Gardel, simbolo di una felicità passata che ora, dopo la fine della dittatura militare, si cerca di ricostruire.
A Borges è affidato il compito di tirare le somme di tutto questo peregrinare interiore ed esteriore, chiarito dalle parole dello stesso Sasturain “Nessuna impresa mitica salverà (noi) naufraghi della storia, ma è il gesto di andare alla ricerca, il viaggio di per sé (…) ciò che giustifica la missione, ciò che ne completa il senso”.
* A febbraio del 2024 è stata pubblicata una nuova edizione di Perramus da Mondadori, con una nuova traduzione ed una postfazione di Laura Caraballo.
Nelle puntate precedenti abbiamo parlato e disegnato di Cile, Lisbona, Cuba, Brasile, Palestina e Israele, Istanbul, Messico, Tōkyō e Canada.
Nella prossima puntata parleremo e disegneremo di Parigi.
Se hai suggerimenti di luoghi, libri e autori in cui Italia | Mondo potrebbe fare tappa, o se vuoi illustrare la prossima mappa puoi scrivermi a fra.ceci@hotmail.it
Mi chiamo Francesca Ceci e sono autrice e sceneggiatrice di graphic novel e libri illustrati - Badù e il nemico del sole, Possiamo essere tutto, 51 cose da fare per essere felici - e collaboratrice, oggi o in passato, di riviste letterarie tra cui Altri Animali, Flanerì, I libri degli altri e Singola.
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Che meraviglia Perramus! Non lo conoscevo, me lo segno subito. Sono temi a me molto cari. Mi è piaciuto moltissimo il parallelo con James Baldwin, davvero interessante. È sempre bellissimo leggerti! ❤️
Anche per me Perramus una scoperta grazie a Gaia, le connessioni sono una fonte infinita di bellezza!